In fondo, cos’è la comfort zone di cui si parla tanto?
C’è tanta verità in questa frase e giorno dopo giorno, la sensazione che provo si fa sempre più reale. Qual’è la mia zona di comfort? Non lo so più, non lo so più da quando sono tornata.
La comfort zone è quell’insieme di sicurezze e abitudini che ognuno di noi si costruisce per vivere tranquillo, quelle certezze che giorno dopo giorno permettono di vivere senza troppe preoccupazioni.
Un luogo sicuro dove stare, una casa dove tornare a fine giornata, un lavoro fisso, il fine settimana libero, le ferie da fare in estate. E poi ancora la famiglia, gli amici di sempre, il bus o la metro che prendi tutti i giorni per andare al lavoro, quel ristorantino dove vai il sabato sera….e potrei continuare.
Parametri. Parametri convenzionali.
Parametri che io però considero come una “gabbia”.
La comfort zone non è altro che uno spazio dove ci hanno detto che possiamo stare tranquilli ed ognuno di noi, giorno dopo giorno, si crea il proprio spazio. Fin da bambini e man mano che si cresce, si sviluppano delle abitudini, si costruiscono delle situazioni ripetitive che ci fanno credere di poter tenere tutto sotto controllo.
C’è chi in questa zona di comfort ci vive benissimo e in un certo senso provo quasi invidia per chi in questa vita, così piena di routine, abbia in qualche modo trovato la propria pace.
Per me la comfort zone, così come la conosciamo, è sempre stata letale, la routine è sempre stata letale.
La sveglia la mattina, il solito bus per andare al lavoro (e per rientrare), la solita gente, le solite facce, le solite chiacchiere, il pranzo e la cena ai soliti orari, l’uscita il fine settimana.
La comfort zone per me, e per quelli come me, può diventare pericolosa.
Non c’è niente di male nel vivere una vita ordinaria, ma c’è chi a questo tipo di vita non riesce ad adattarsi.
Le abitudini quotidiane iniziano a stancare e si inizia a sentire il bisogno di spingersi verso il nuovo, lo sconosciuto.
Sono sempre stata una tipa intraprendente ed un po’ ribelle, fin da bambina.
Ricordo alcuni episodi che, ad oggi, mi fanno pensare a quanto avessi voglia di esplorare il mondo, fin da piccola. La routine non mi piaceva, le regole non mi piacevano.
All’età di 4 anni scappai dall’asilo perché il posto in cui mi portavano ogni giorno non mi piaceva e quando mi lasciavano giocare in giardino io mi allontanavo da sola, per le campagne, con il mio zainetto in spalla.
Non potevo stare ferma, non potevo stare ferma nello stesso posto per troppo tempo.
E così da grande, mi sono messa lo zaino in spalla e sono partita.
Per chi mi legge da un po’, la mia storia la sa già.
Dopo anni nella mia città natale, mi sono trasferita a Barcellona, città che io considero il mio posto nel mondo.
E’ qui che in questi ultimi anni ho costruito quella che io chiamo la mia comfort zone un po’ speciale, perché Barcellona è speciale.
Barcellona è una città sempre in movimento, piena di gente diversa, piena di opportunità, piena di eventi e di cose da fare. E’ una città dove, se vuoi, puoi reinventarti ogni giorno, dove non devi prendere lo stesso autobus per andare al lavoro perché puoi prendere la metro, il tram, la bici o andare a piedi.
Una metropoli dove non esiste il fine settimana perché puoi “fare festa” e uscire tutte le sere; dove puoi trovare ogni tipo di lavoro che non ti obbliga a stare seduto dietro ad una scrivania 8 ore al giorno.
E’ una città in cui puoi scegliere. E’ una città in cui ci si sente sempre un po’ in vacanza.
Quando ci vivi da un po’ di anni però, anche qui, le giornate iniziano automaticamente ad essere scandite dagli stessi ritmi e la comfort zone inizia a creare più disagi che benessere. Allo stesso tempo però, è difficile lasciarla. Perché?
Nella mente di ognuno di noi la comfort zone ci da sicurezze e per quanto possa dar vita ad un’infinita serie di giornate uguali, non ce ne allontaniamo perché spesso la paura del cambiamento è più forte.
La maggior parte delle persone obbliga se stesso a “stare tranquillo”, evitando rischi ed insicurezze.
Il mio viaggio
Nell’estate del 2016 mi resi conto che la mia zona di comfort barcellonese iniziava a starmi stretta. Stavo lavorando per un’azienda che non mi piaceva e le mie giornate erano scandite nello stesso modo, tutti i giorni.
Ho iniziato a fantasticare con la mente, ma lo so…i miei viaggi mentali, soprattutto se si parla di viaggi e destinazioni concrete, spesso si fanno reali.
Avevo bisogno di raggiungere il nuovo, lo sconosciuto.
E le paure del cambiamento? Era la parte più bella.
Decine di persone hanno abbandonato la propria zona di comfort, la propria cerchia di amici, il proprio lavoro, la propria vita per spingersi verso qualcosa che non conoscono.
E tanti raccontano la loro avventura.
Tanti scrivono racconti sui blog, tanti danno consigli. Tanti danno lezioni di vita.
Tanti ti dicono come uscire dalla propria zona di comfort.
E così, a febbraio 2017 sono partita con un biglietto di sola andata per il Sud Est Asiatico. Prima tappa Bangkok.
Sette mesi di viaggio descritti attraverso i miei articoli, le mie foto ed i miei immensi sorrisi.
Una pausa durata 7 mesi, una vita da backpacker attraverso luoghi sconosciuti, tra culture diverse, vivendo esperienze uniche.
Una vita diversa che con il passare delle settimane diventava sempre più normale.
L’ignoto mi dava più tranquillità delle sicurezze di casa.
Quella comfort zone che avevo lasciato non mi mancava per niente.
L’inesplorato creava in me una sensazione di benessere psicofisico mai provato.
Ho trascorso giornate in cui non sapevo dove avrei dormito la notte, eppure, stavo benissimo.
Il ritorno
La vera sfida comincia il giorno in cui rientri a casa.
Dopo 7 mesi, che a volte mi sembrano lunghissimi e a volte mi sembrano passati in un secondo, ho deciso di rientrare. Sentivo dentro di me che era arrivato il momento.
Tutti ti dicono come uscire dalla propria zona di comfort, ma nessuno ti dice come rientrare.
Nessuno ti spiega o ti da consigli su come affrontare il rientro “a casa”.
Escludendo le prime settimane dove è tutta una festa tra amici e parenti, tra festeggiamenti, uscite e chiacchiere, successivamente realizzi che sei rientrato in un comfort che non è più tuo.
Tutto è così, come l’hai lasciato, tutto uguale. Ma tu sei cambiata tremendamente.
Ricordo il primo weekend a Barcellona, il primo weekend festaiolo barcellonese dopo 7 mesi trascorsi dall’altra parte del mondo. Ero in un bar seduta a bere birra insieme ai miei amici, felice di stare con loro dopo tanto tempo, ma completamente persa.
Quello che per me era sempre stato normale, come gustarsi un birretta fresca in un bar moderno nel quartiere del Raval, si era trasformato in qualcosa che non mi apparteneva.
E’ passato quasi un anno dal mio rientro in Europa e le sensazioni continuano ad essere le stesse. Eppure corpo e mente inconsciamente cercano di adattarsi. Riprendi i ritmi della città in cui vivi. Inizi a cercare un nuovo lavoro, riprendi ad uscire con gli amici il fine settimana, ti iscrivi in palestra..riprendi quella che tutti considerano la “vita normale”.
Ma che significa “vita normale”?
Quella comfort zone che dovrebbe farci stare tranquilli, a me mette solo ansia.
Settimana dopo settimana cercavo di adattarmi, di convincermi, continuavo a ripetermi che avevo bisogno di tempo per riabituarmi alla vita quotidiana, ma è passato un anno ed io continuo ancora così, osservando il mondo fuori e pensando che la “vita normale” non è uguale per tutti.
E’ come vivere in un limbo. Vado al lavoro ogni giorno perché credo sia giusto così, ma di notte apro i motori di ricerca per tenere d’occhio qualche volo. La mia comfort zone credo sia fatta di spostamenti. E’ fatta di luoghi sconosciuti, di nuove strade, di gente che non parla la mia lingua.
E’ fatta però anche di Barcellona, la mia base.
E allora che si fa? Bisogna uscire dal limbo e decidere. Non c’è niente di giusto o di sbagliato. Uscire dalla propria zona di comfort o rientrarci dipende solo dalla ricerca della propria felicità. La vera sfida sta proprio in questo no?
Tutto bellissimo ma cmq x me normale mi riconosco molto in te ho fatto di tutto di piu…finche si e’ liberi da ogni tipo di relazione e non si hanno responsabilita’..il problema e’ quando ci sono i figli e non puoi trascinarli ogni volta che si sente il bisogno di buttarsi in una nuova avventura..ciao
Ciao Francesca, certo ti capisco, con i figli diventa più impegnativo, però ciò non significa che non si possa prendere parte ad un bel viaggio insieme a tutta la tua famiglia! 😉
Che bello Marti <3
Mi ricorda tanto la nostra chiacchierata in spiaggia di poco tempo fa 🙂
Io non sono mai stata come te, sono sempre stata una bambina ligia alle regole e ho sempre cercato di "rigare dritto"… ma la verità è che mai come in questi ultimi anni sento la necessità di esplorare il mondo. Alcune motivazioni alla base del mio atteggiamento sono uguali alle tue, altre sono diverse… sta di fatto che è stupendo quello che tu dici: che si tratta della ricerca della felicità e io aggiungo che dovrebbero farlo tutti.